“Sono arrivato in Italia sei mesi fa. Scappando dal mio paese perché non ne potevo più della fame, della troppa povertà. Sono arrivato qui per cercare una vita migliore, lavorare, imparare e crescere.
L’Italia è un posto meraviglioso, alcuni italiani un po’ meno.
Odio gli sguardi della gente quando cammino per strada, odio che si allontanino da me negli autobus, odio quando mi fissano. Odio quando non mi trattano come “uno di loro” , come se essere uno straniero fosse una malattia. Io non sono malato, io sono solo un immigrato e prima di tutto sono una persona; perciò smettetela di trattarmi male nei negozi, in ufficio postale o nei supermercati.
Una volta un impiegato rifiutò di aiutarmi in un’operazione postale usando una scusa banale, come se non lo meritassi, come se io non fossi esattamente come lui ma con una nazionalità diversa. In quel momento avrei voluto dire : Perché mi tratti così? Perché eviti di avere a che fare con me? E invece ho abbassato la testa, sono stato zitto e sono andato via perché sono uno straniero, e tutti pensano che io non abbia alcun diritto. Ma adesso basta, noi non ne possiamo più di sentirci inferiori, esclusi, trattati male.
Siamo persone, esseri umani, come voi e come voi vogliamo essere trattati”.

Mubarak , uno dei nostri ragazzi stranieri accolti, appartenente alla comunità alloggio il Sogno di Napoli, ha partecipato ad un contest per avere la possibilità di vincere un corso di formazione gratuito.
Inizialmente lui era abbastanza scettico sulla questione. Non credeva di poter vincere qualcosa che gli potesse permettere di dare una piccola svolta alla sua vita.
Ci ha dato fiducia e ora che finalmente è riuscito a vincere uno corso di formazione, grazie alla sua storia ed una foto pubblicata, potrà iniziare a costruire una vita piena di speranza. Il primo passo lungo un sentiero di soddisfazioni e gratifiche che speriamo di poter sempre condividere con il nostro Mubarak.
Anna Pasquariello, educatrice comunità alloggio “Il Sogno”

Dalla festa di don Bosco, la Casa canonica è diventata casa di accoglienza per tre giovani migranti. Succede a Torre Annunziata e la canonica in questione è quella della parrocchia Santa Maria del Carmelo, affidata ai salesiani presenti nella città oplontina fin dal 1929 e divenuti, nel corso degli anni, un punto di riferimento significativo per tantissimi giovani della città e per tutto l’ambiente cittadino, dal punto di vista spirituale, ma anche civile e sociale. Quest’idea è nata nel settembre 2015, dopo aver ascoltato le parole di Papa Francesco: “Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere prossimi dei più piccoli e abbandonati. Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario ospiti una famiglia”. Da queste parole, abbiamo trovato l’ispirazione per il nostro progetto. Vogliamo rispondere concretamente all’appello del Papa, in continuità con quanto già cerchiamo di fare quotidianamente: accogliere gli ultimi, fare attenzione alla marginalità attraverso l’oratorio e la casa famiglia. Qui in parrocchia avevamo la casa canonica disabitata, e quindi abbiamo pensato di arredarla per aprirla a chi ha bisogno. Così l’abbiamo ribattezzata “Casa del Carmelo” ed é iniziata quest’avventura. Insieme alla comunità parrocchiale, abbiamo voluto rispondere fattivamente. Proprio la reazione dei parrocchiani ci ha un po’ stupito, non ci aspettavo tanta generosità. All’inizio eravamo un po’ scettici, ci sembrava un obiettivo troppo difficile da realizzare. Quando abbiamo deciso di usare la casa canonica per ospitare chi ha necessità, c’era l’urgenza di fare dei piccoli lavori nell’abitazione e arredare l’appartamento. Ora incredibilmente siamo in una situazione per la quale abbiamo più mobili dello stretto necessario, le persone hanno risposto con immenso altruismo. Siamo un territorio dotato di grande spirito di accoglienza. Ad oggi non sappiamo per quanto tempo si fermeranno i tre ragazzi. L’alloggio non è certamente pensato come una dimora fissa, ma come luogo per rispondere in modo immediato almeno ai bisogni primari o di chi è stato costretto a lasciare il proprio paese o magari a ragazzi a rischio, che divenuti maggiorenni, non possono più stare in Casa famiglia e non hanno ancora un posto dove andare. Siamo molto contenti di poter dire, che grazie al nostro aiuto, i tre ragazzi accolti, hanno già iniziato a lavorare presso alcuni ristoranti locali. Questo permette loro di cominciare a integrarsi nel nostro territorio. Una storia inizia con don Bosco e che continua .
