La Giornata internazionale contro la discriminazione razziale è stata proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1966 in seguito ai fenomeni di rinascita di alcune forme di razzismo. La data è stata scelta per commemorare la brutale uccisione, da parte della polizia locale, di 69 persone in una manifestazione pacifica a Sharpeville, Sud Africa, mentre stavano manifestando contro le leggi sull’apartheid.
Sembrano ormai passati tanti anni e che ormai episodi come quello sopra citato appartengano ad un’altra epoca, eppure il razzismo serpeggia tutt’oggi tra le file della società, con modalità disparate, ma con effetti deleteri per l’unica razza presente sul nostro pianeta, ossia quella umana.
È bene dunque tenere viva la memoria ed onorare questa ricorrenza, interiorizzarla, coglierne i valori positivi e trasmetterli alle generazioni future. I ragazzi di oggi, saranno infatti gli uomini di domani e se vogliamo lasciar loro in eredità una società migliore, dobbiamo instillare nelle loro coscienze il seme dell’amore incondizionato per il prossimo, privo di qualsiasi barriera o pregiudizio.



I ragazzi della Comunità “16 Agosto” di Bari hanno voluto rendere omaggio a questa giornata realizzando insieme un cartellone, uniti dallo spirito di fratellanza con cui vivono la loro quotidianità, perché, come disse lo scrittore e poeta Tahar Ben Jelloun: “Siamo sempre lo straniero di qualcun altro. Imparare a vivere insieme è lottare contro il razzismo.”
Lorenzo Ursi – Educatore della Comunità 16 Agosto di Bari

Dalla festa di don Bosco, la Casa canonica è diventata casa di accoglienza per tre giovani migranti. Succede a Torre Annunziata e la canonica in questione è quella della parrocchia Santa Maria del Carmelo, affidata ai salesiani presenti nella città oplontina fin dal 1929 e divenuti, nel corso degli anni, un punto di riferimento significativo per tantissimi giovani della città e per tutto l’ambiente cittadino, dal punto di vista spirituale, ma anche civile e sociale. Quest’idea è nata nel settembre 2015, dopo aver ascoltato le parole di Papa Francesco: “Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere prossimi dei più piccoli e abbandonati. Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario ospiti una famiglia”. Da queste parole, abbiamo trovato l’ispirazione per il nostro progetto. Vogliamo rispondere concretamente all’appello del Papa, in continuità con quanto già cerchiamo di fare quotidianamente: accogliere gli ultimi, fare attenzione alla marginalità attraverso l’oratorio e la casa famiglia. Qui in parrocchia avevamo la casa canonica disabitata, e quindi abbiamo pensato di arredarla per aprirla a chi ha bisogno. Così l’abbiamo ribattezzata “Casa del Carmelo” ed é iniziata quest’avventura. Insieme alla comunità parrocchiale, abbiamo voluto rispondere fattivamente. Proprio la reazione dei parrocchiani ci ha un po’ stupito, non ci aspettavo tanta generosità. All’inizio eravamo un po’ scettici, ci sembrava un obiettivo troppo difficile da realizzare. Quando abbiamo deciso di usare la casa canonica per ospitare chi ha necessità, c’era l’urgenza di fare dei piccoli lavori nell’abitazione e arredare l’appartamento. Ora incredibilmente siamo in una situazione per la quale abbiamo più mobili dello stretto necessario, le persone hanno risposto con immenso altruismo. Siamo un territorio dotato di grande spirito di accoglienza. Ad oggi non sappiamo per quanto tempo si fermeranno i tre ragazzi. L’alloggio non è certamente pensato come una dimora fissa, ma come luogo per rispondere in modo immediato almeno ai bisogni primari o di chi è stato costretto a lasciare il proprio paese o magari a ragazzi a rischio, che divenuti maggiorenni, non possono più stare in Casa famiglia e non hanno ancora un posto dove andare. Siamo molto contenti di poter dire, che grazie al nostro aiuto, i tre ragazzi accolti, hanno già iniziato a lavorare presso alcuni ristoranti locali. Questo permette loro di cominciare a integrarsi nel nostro territorio. Una storia inizia con don Bosco e che continua .
