Ieri , 26 Marzo 2018, 14° anniversario dell’assassinio di una mamma che pagò con la vita il coraggio che ebbe di denunciare gli aguzzini pedofili che avevano abusato più volte del suo figliolo e di altri bambini.
Era proprio il 26 marzo 2004 quando qualcuno bussò alla casa di Matilde la quale tranquillamente aprì credendo fosse il figlio, invece si trovò di fronte il suo assassino che barbaramente l’ammazzò. Ed è proprio a lei che nel dicembre dello stesso anno è stata dedicata la comunità per minori, all’interno dell’oratorio salesiano a Torre Annunziata, guidata da don Antonio Carbone. Anche oggi, come è ormai consuetudine, i ragazzi della comunità hanno voluto deporre ai piedi della stele, posta in piazza mons. Orlando antistante la parrocchia di sant’Alfonso, dedicata a Matilde Sorrentino e a tutte le vittime innocenti di camorra, 14 rose, tante quanti sono gli anni dalla sua uccisione. Alla presenza di autorità civili e militari e forze dell’ordine, don Antonio Carbone prima e don Franco Gallo, parroco di sant’Alfonso poi, hanno voluto ricordare la figura di questa mamma che non esitò a denunciare un reato così squallido. Il sindaco Vincenzo Ascione ha poi letto i nomi di tutte le vittime innocenti da Rosa Visone al maresciallo dei carabinieri Luigi D’Alessio a Francesco Fabbrizzi a Luigi Cafiero a Raffaele Pastore a Luigi Staiano a Giancarlo Siani a Costantino Laudicino ad Andrea Marchese a Giuseppe Veropalumbo a Marco Pittoni e appunto a Matilde Sorrentino.
Dopo l’omaggio floreale e la benedizione di don Raffaele Russo, il ricordo è proseguito nella sala teatro dei salesiani dove ragazzi del liceo Pitagora-Croce e ragazzi delle comunità hanno posto domande a Pierpaolo Filippelli procuratore aggiunto del tribunale di Torre Annunziata, che ha puntato il dito soprattutto contro coloro che predicano il pessimismo e contro chi non riesce a pendere una posizione. Lucia Montanino vedova di camorra, dopo aver raccontato brevemente ciò che le è accaduto, ha evidenziato la lotta interiore che ha dovuto affrontare prima di scegliere di perdonare colui che le aveva ammazzato il papà di sua figlia. Don Tonino Palmese salesiano e presidente della fondazione POLIS ha invece evidenziato come sia più necessaria la prevenzione e non la repressione e usando anche un linguaggio molto vicino ai giovani d’oggi, ha esortato ognuno a decidere da che parte stare.
“Un calcio al passato” è stato lo slogan che ha visto le rappresentative dei carabinieri, della polizia di stato e una mista di magistrati e ragazzi delle comunità, disputarsi un triangolare di calcio arbitrato da Luciano Donadio. Il calcio d’inizio è stato concesso a Lucia Montanino che, visto lo slogan, l’ha effettuato con tutta la grinta.
La manifestazione è terminata con un rinfresco per tutti offerto proprio nei locali della comunità “ Mamma Matilde “.
Articolo e foto a cura di Giuseppe Forcella















Dalla festa di don Bosco, la Casa canonica è diventata casa di accoglienza per tre giovani migranti. Succede a Torre Annunziata e la canonica in questione è quella della parrocchia Santa Maria del Carmelo, affidata ai salesiani presenti nella città oplontina fin dal 1929 e divenuti, nel corso degli anni, un punto di riferimento significativo per tantissimi giovani della città e per tutto l’ambiente cittadino, dal punto di vista spirituale, ma anche civile e sociale. Quest’idea è nata nel settembre 2015, dopo aver ascoltato le parole di Papa Francesco: “Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere prossimi dei più piccoli e abbandonati. Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario ospiti una famiglia”. Da queste parole, abbiamo trovato l’ispirazione per il nostro progetto. Vogliamo rispondere concretamente all’appello del Papa, in continuità con quanto già cerchiamo di fare quotidianamente: accogliere gli ultimi, fare attenzione alla marginalità attraverso l’oratorio e la casa famiglia. Qui in parrocchia avevamo la casa canonica disabitata, e quindi abbiamo pensato di arredarla per aprirla a chi ha bisogno. Così l’abbiamo ribattezzata “Casa del Carmelo” ed é iniziata quest’avventura. Insieme alla comunità parrocchiale, abbiamo voluto rispondere fattivamente. Proprio la reazione dei parrocchiani ci ha un po’ stupito, non ci aspettavo tanta generosità. All’inizio eravamo un po’ scettici, ci sembrava un obiettivo troppo difficile da realizzare. Quando abbiamo deciso di usare la casa canonica per ospitare chi ha necessità, c’era l’urgenza di fare dei piccoli lavori nell’abitazione e arredare l’appartamento. Ora incredibilmente siamo in una situazione per la quale abbiamo più mobili dello stretto necessario, le persone hanno risposto con immenso altruismo. Siamo un territorio dotato di grande spirito di accoglienza. Ad oggi non sappiamo per quanto tempo si fermeranno i tre ragazzi. L’alloggio non è certamente pensato come una dimora fissa, ma come luogo per rispondere in modo immediato almeno ai bisogni primari o di chi è stato costretto a lasciare il proprio paese o magari a ragazzi a rischio, che divenuti maggiorenni, non possono più stare in Casa famiglia e non hanno ancora un posto dove andare. Siamo molto contenti di poter dire, che grazie al nostro aiuto, i tre ragazzi accolti, hanno già iniziato a lavorare presso alcuni ristoranti locali. Questo permette loro di cominciare a integrarsi nel nostro territorio. Una storia inizia con don Bosco e che continua .
