Don Angelo Santorsola, superiore dei salesiani del sud Italia agli educatori delle case Famiglia

Carissimi fratelli e sorelle,
carissimi educatori delle nostre Comunità Famiglia,
un sincero, fraterno, affettuoso saluto a tutti e a ciascuno di voi con la speranza di trovarvi bene in questo tempo così difficile per l’intera umanità.
Voglio innanzitutto chiedervi scusa perché avrei voluto scrivervi già da due settimane, ma ogni volta che iniziavo le parole mi sembravano non rendessero ciò che il cuore sentiva.
Oggi, me lo sono imposto, al di là delle parole che potrò scrivere, perché il senso di gratitudine che sento nei vostri confronti è davvero grande.
Potete anche non credermi, ma vi assicuro che sin da Torino, partecipando al nostro Capitolo Generale e seguendo le continue restrizioni da parte del Governo in seguito al Covid-19, vi ho pensato tantissimo perché eravate tra quei pochi ai quali il Governo non ha chiesto la sospensione del servizio che svolgete.
Vi ho portati quotidianamente, e continuo a farlo, nella mia preghiera quotidiana. Parlo di voi a Gesù e a don Bosco perché custodisca voi e le vostre famiglie.
Posso solo immaginare la vostra preoccupazione e attenzione nell’uscire ogni giorno da casa, vivere le vostre ore con i ragazzi e poi tornare alle vostre famiglie. Posso solo immaginarlo!
So che servono a ben poco le parole che posso scrivervi, ma vorrei davvero dirvi con il cuore di “padre” e a nome di don Bosco e di tutti i suoi figli: “GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE!”
GRAZIE perché siete responsabili e perché date prova che non svolgete semplicemente un lavoro, ma vivete con passione la relazione educativa con i ragazzi;
GRAZIE perché, pur con le dovute attenzioni, non fate mancare a nessun ragazzo la presenza attiva dell’educatore che sa amare in qualsiasi situazione della vita;
GRAZIE perché, come buoni padri e madri o fratelli e sorelle, vivete salesianamente questo tempo difficile per non farlo pesare sui ragazzi a voi affidati.
Purtroppo, per il servizio richiestomi, non ho la gioia di frequentarvi con sistematicità anche se quando ci incontriamo o ci incrociamo gusto appieno le belle persone che siete.
Anche don Bosco tante volte non ha potuto essere presente fisicamente con i ragazzi, ma ebbe a scrivere una bellissima cosa che io mi permetto, con umiltà e sincerità di cuore, di rivolgere a tutti voi: “Vicino o lontano io penso sempre a voi…!”.
Coraggio, amici cari, da questo tempo difficile che stiamo vivendo abbiamo tanto da imparare, tanto da verificare, tanto da riprogettare. Non siamo soli, mai!
Sicuramente questa Settimana santa potremo capire meglio il dolore, la solitudine di Gesù, l’amore che nutre per ciascuno di noi.
Si, carissimi, una Settimana Santa e una Pasqua che non dimenticheremo. Stiamo assistendo a tanto dolore, ma anche a tanta solidarietà, a tanta operosità dei medici, degli infermieri, di tanti volontari ed educatori che, come voi, non fanno mancare attenzione, aiuto, vicinanza a che ha più bisogno. E questa è la prova che il dolore non ha l’ultima parola, come la morte non ha avuto l’ultima parola su Gesù.
Ci affidiamo alla preghiera perché questo tempo di passione ci porti alla risurrezione.
Santa Pasqua di Resurrezione a voi e ai vostri cari! Dio vi benedica!
Vostro don Angelo Santorsola, superiore dei salesiani del sud Italia

Dalla festa di don Bosco, la Casa canonica è diventata casa di accoglienza per tre giovani migranti. Succede a Torre Annunziata e la canonica in questione è quella della parrocchia Santa Maria del Carmelo, affidata ai salesiani presenti nella città oplontina fin dal 1929 e divenuti, nel corso degli anni, un punto di riferimento significativo per tantissimi giovani della città e per tutto l’ambiente cittadino, dal punto di vista spirituale, ma anche civile e sociale. Quest’idea è nata nel settembre 2015, dopo aver ascoltato le parole di Papa Francesco: “Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere prossimi dei più piccoli e abbandonati. Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario ospiti una famiglia”. Da queste parole, abbiamo trovato l’ispirazione per il nostro progetto. Vogliamo rispondere concretamente all’appello del Papa, in continuità con quanto già cerchiamo di fare quotidianamente: accogliere gli ultimi, fare attenzione alla marginalità attraverso l’oratorio e la casa famiglia. Qui in parrocchia avevamo la casa canonica disabitata, e quindi abbiamo pensato di arredarla per aprirla a chi ha bisogno. Così l’abbiamo ribattezzata “Casa del Carmelo” ed é iniziata quest’avventura. Insieme alla comunità parrocchiale, abbiamo voluto rispondere fattivamente. Proprio la reazione dei parrocchiani ci ha un po’ stupito, non ci aspettavo tanta generosità. All’inizio eravamo un po’ scettici, ci sembrava un obiettivo troppo difficile da realizzare. Quando abbiamo deciso di usare la casa canonica per ospitare chi ha necessità, c’era l’urgenza di fare dei piccoli lavori nell’abitazione e arredare l’appartamento. Ora incredibilmente siamo in una situazione per la quale abbiamo più mobili dello stretto necessario, le persone hanno risposto con immenso altruismo. Siamo un territorio dotato di grande spirito di accoglienza. Ad oggi non sappiamo per quanto tempo si fermeranno i tre ragazzi. L’alloggio non è certamente pensato come una dimora fissa, ma come luogo per rispondere in modo immediato almeno ai bisogni primari o di chi è stato costretto a lasciare il proprio paese o magari a ragazzi a rischio, che divenuti maggiorenni, non possono più stare in Casa famiglia e non hanno ancora un posto dove andare. Siamo molto contenti di poter dire, che grazie al nostro aiuto, i tre ragazzi accolti, hanno già iniziato a lavorare presso alcuni ristoranti locali. Questo permette loro di cominciare a integrarsi nel nostro territorio. Una storia inizia con don Bosco e che continua .
