Omicidio Sorrentino – L’appello-Lettera delle mamme vulcaniche contro l’omertà

Camorra e pedofilia

Lettera-Appello contro l’omertà durante un confronto nella casa salesiana di Torre Annunziata “Vergogniamoci : chi sa deve parlare, non può continuare a fingere ed avere paura”

«Cara Matilde, chissà se stai pensando che il tuo sacrificio è stato vano». Inizia così la lettera che spunta fuori da un laboratorio nella casa salesiana “Mamma Matilde” di Torre Annunziata.

Un centro di accoglienza dove i giovani provano a trovare una via d’uscita alla camorra, una seconda possibilità dopo gli errori commessi. Lo fanno in una struttura nel rione storico, guidati dal parroco anti-clan, don Antonio Carbone.

Da diverse settimane i giovani che frequentano la struttura si stanno confrontando su una serie di emergenze. Temi caldi come la camorra, la droga, la violenza sulle donne e anche la violenza sui bambini, la pedofilia. Argomenti trattati con gli educatori che trovano un confronto anche con i genitori. Ed è in uno di questi laboratori che è spuntata la rabbia. Al centro della “lezione” la storia di Matilde Sorrentino, la madre coraggio uccisa nel 2004 sull’uscio di casa. La donna aveva avuto il coraggio di denunciare i pedofili che abusavano di suo figlio. Si era recata in caserma appena scoperto il sistema squallido al quale suo figlio e altri bambini della scuola nel rione Poverelli erano costretti.
Drogati e violentati nel luogo che doveva rappresentare un posto sicuro, la scuola. In questi mesi si sta celebrando il processo che vede imputato Francesco Tamarisco, il narcos dei Nardiello considerato il mandante del massacro. E proprio durante queste udienze sono state ascoltate altre madri che all’inizio si erano schierate con Matilde ma dopo anni invece hanno alzato un muro di omertà dichiarando di non ricordare quello che è successo. A loro un gruppo di genitori, di 13 madri coraggio, hanno voluto lanciare un appello «Cara Matilde tu che hai pagato con la vita l’aver messo – si legge nella lettera – al primo posto l’amore per i figli, cosa che ogni mamma degna di tale appellativo dovrebbe fare. Eppure oggi sembra che il tuo sacrificio sia stato inutile ». E ancora: «Qualche giorno fa abbiamo letto sui giornali che altre mamme non “ricordano” più r accaduto, come se si potessero dimenticare realmente i pianti di un figlio e le violenze da loro subite. Siamo mamme anche noi – continua la lettera – e possiamo affermare di ricordare in maniera indelebile il pianto acuto e disperato di quando i nostri figli sono venuti al mondo, il pianto e il dolore delle loro prime coliche, i pianti dei primi giorni di scuola dove era così dura la separazione, un ennesimo taglio del cordone ombelicale».

L’inchiostro macchia il foglio e continua «Cosa è un figlio? Un figlio è vita, è ossigeno. Un figlio è un pezzo del tuo cuore fuori dal tuo corpo. E allora come si fa a non volere giustizia verso coloro che questo pezzo di cuore l’hanno violentato? Come si fa a non ricordare la tristezza, il dolore, i silenzi di un figlio che ha subito la più ignobile delle violenze?». Urlano la loro rabbia e la loro delusione verso chi preferisce il silenzio alle urla, alle denunce «Siamo indignate, e r indignazione diviene vera e propria rabbia al pensiero che ci saranno orchi che non pagheranno le loro colpe perché a vincere sarà ancora una volta la paura e non l’amore. E allora cara Matilde, perdonaci se come mamme, come cittadini non siamo capaci di urlare giustizia, mentre la magistratura incalza e rischia di restare isolata, con tutta la nostra forza, quella forza che sei stata capace di mostrare al costo della tua vita».

Giovanna Salvati – Fonte METROPOLIS