8 dicembre 1841 – 2020 una storia che continua “Batolomeo” art 56 e 575 c.p.

56 e 575 c.p.
Sono un ragazzo è da poco ho compiuto sedici anni, Ero presente alla riunione di stamattina e ascoltando le vostre parole mi è venuta voglia di raccontarmi. La mia è una cosiddetta “buona famiglia”, i miei genitori hanno un lavoro onesto e mia sorella studia. Sono sempre stato un ragazzo molto testardo e me ne stavo sempre sulle mie, ero troppo sicuro di me stesso, infatti non ascoltavo né il parere né i consigli delle altre persone: adulti o ragazzi quali siano; ho sempre fatto di testa mia. Nonostante i miei genitori non mi avessero mai fatto mancare nulla, avevo una fame insaziabile per i soldi. Se avevo dieci volevo cento, se avevo cento volevo mille e così via. Con quei soldi mi sarei potuto permettere scarpe e vestiti costosi, visto che avevo anche bisogno di apparire in pubblico. Un giorno, di circa un anno fà, la mia vita cambiò completamente. Un ragazzo si presentò sotto casa mia con altri due motorini e cominciammo a litigare. Sono sempre stato una persona molto calcolatrice e pensando a quell’affronto ricevuto sotto casa mia pensai di prendere un coltello ed incontrarmi con lui. Così andai nelle mie palazzine e stabilii l’incontro. Si presentarono le stesse persone che vennero sotto casa. Appena vidi il ragazzo con il quale avevo litigato senza pensarci due volte presi il coltello e gli sferrai una coltellata alla gola. Ero completamente accecato e ombrato dalla rabbia. Lui pietrificato dall’accaduto e in fin di vita salì sull SH300 dell’amico e corsero all’ospedale. Non so cosa sia successo in ospedale ma so solo che erano riuscito a tenerlo in vita. Dopo un’ora di fuga dai carabinieri decisi di tornare a casa, dove trovai quattro pattuglie pronte ad arrestarmi. Mi portarono in caserma e a verbale non dissi una parola. Durante la notte mi trasferirono nella questura per scattare la foto segnaletica e prendere le impronte. Finito tutto questo mi accompagnarono prima fuori il carcere di Nisida per intimorirmi, poi al CPA dei Colli Aminei. Il CPA era veramente molto duro. Sveglia alle 7 in punto e a dormire alle 20, non potevo lavarmi perché all’udienza di convalida dell’arresto dovevo essere nelle stesse condizioni in cui ero stato arrestato, inoltre ero da solo perché il mio è stato un arresto in tempo covid. Passai lì tre giorni e due notti, l’ultima notte fu la più dura, ovvero quella prima dell’udienza. Non riuscivo a dormire perché pensavo a tutto quello che avrei dovuto dire e a tutto quello che mi sarebbe potuto succedere, ero molto confuso. La mattina dopo incontrai il mio avvocato il quale mi disse che mi era stato accusato l’art.56 e 575 ovvero il tentato omicidio, e che rischiavo dai 5 ai 9 anni di reclusione. Entrai nella sala d’interrogatorio e mi sedetti dinanzi al magistrato. Appena la guardai negli occhi mi venne in mente mia madre e decisi di collegare il cuore alla mia bocca, di usare parole spontanee eliminando tutti i discorsi precostituiti durante la notte prima. Dopo l’interrogatorio il magistrato convocò il PM e decisero di cancellare quella spunta dall’IPM e misero una croce su “comunità”. In quel momento capii che mi stavano dando una possibilità. Nei primi mesi di comunità ne ho combinate tante e il coordinatore della comunità aveva due scelte per me: aggravarmi e mandarmi in carcere oppure tenermi con lui per insegnarmi come si vive. E lui da grande uomo scelse la strada più difficile per lui e decise di tenermi con sé. Ero trattato veramente male, lui era severo con me e mi veniva negato ogni “vizio” dalle sigarette all’andare a tagliare i capelli. Ogni tanto mi convocava in ufficio e mi faceva dei discorsi in cui mi faceva notare che ogni giorno i miei genitori piangevano per me, che le mie azioni ricadevano inevitabilmente anche su di loro, e che mia sorella stava crescendo senza un fratello maggiore. Anche io mi ritrovai dinanzi a due porte e dovevo scegliere una delle due obbligatoriamente. La prima porta era quella nella quale si entrava più facilmente, si guadagnavano soldi facili ma sarei stato stroncato dal carcere e non avrei avuto l’affetto e l’appoggio dei miei cari; la seconda era quella ovviamente più difficile, che però mi avrebbe portato prima cosa ad essere amato e poi tante soddisfazioni. Così scelsi la porta più difficile e cominciò un nuovo periodo della mia vita. Inizialmente facevo fatica a studiare, non essere scontroso con gli altri e a rispettare le regole; successivamente lavorando su questa via sono riuscito a diventare la persona che tanto invidiavo quando mi trovavo nel sedile posteriore di una bravo dei carabinieri. Ultimamente mi sento meglio con me stesso e mi sento anche più apprezzato dalle persone, le quali prima le vedevo come dei nemici da cui difendermi. Quello di Napoli è un contesto molto difficile e la linea tra lo sbagliare e il non sbagliare è molto sottile. Ti ritrovi catapultato in situazioni in cui non sai nemmeno tu come ci sei finito. Per fortuna sono riuscito a recuperare la mia vita, ma non tutti i ragazzi hanno questa fortuna e questo coraggio. È inutile dire a un ragazzo che una cosa è sbagliata, perché finché non lo prova sulla propria pelle continuerà a perseverare. Voglio ringraziare gli operatori della mia comunità che ogni giorno mi seguono, i miei genitori che nonostante tutto non mi fanno mancare il loro affetto, e la mia professoressa di italiano, che se non lo sa, la considero come una madre, per avermi aiutato a trovare la retta via.

Bartolomeo