Servizio Civile Universale: La voce dei volontari

Può risultare esagerato esporsi col cuore in mano al pubblico, ma se si tratta di qualcosa che ha un valore immenso, non è mai troppo….

Cosa ho intenzione di condividere con voi attraverso queste parole?
Nel 2019 frequentavo ancora il liceo e con questo partecipavamo ad alcuni progetti tra i quali c’era l’alternanza scuola lavoro che, a mio parere, ovunque ti indirizzino, ha un impatto sulla persona molto importante, anche se forse non lo si capisce fin da subito.
La mia classe era stata associata presso la comunità alloggio “Peppino Brancati” dei salesiani di Torre Annunziata. Da quel momento ho cominciato a vedere il mondo con occhi diversi perché ero tutti i pomeriggi, per settimane, in compagnia di ragazzi che vivevano altre realtà, condividevano discorsi ed emozioni differenti (che poi queste ultime non si sono rivelate così diverse dalle mie).
Ho sempre avuto un forte trasporto verso il prossimo, non a caso in futuro il mio obbiettivo sarà quello di lavorare per le persone, cercando di essere loro d’aiuto.
Tornando alla comunità, in quei primi giorni era ancora freddo il rapporto con chi ci abitava, ossia giovani minori alla ricerca di una stabilità personale, di una rinascita, di un reinserimento nella società.
Ho conosciuto ragazzi dai 12 anni fino alla maggiore età, ho sentito decine di storie diverse e travagliate e ognuna di queste mi ha trasmesso e insegnato qualcosa che mi è rimasto tutt’oggi impresso nel cuore.
Finito il percorso scolastico, ho continuato ancora per molto tempo a cercare un contatto con i ragazzi. Da quel momento ho iniziato a pensare al da farsi, poiché spesso mi passava per la testa l’idea di voler fare qualcosa con e per loro.

L’anno dopo il conseguimento del diploma scopro che ci sono varie pubblicazioni di bandi riguardo il servizio civile universale presso diverse località, tra queste trovo: servizio civile volontario presso i salesiani e le due comunità presenti ovvero: Peppino Brancati e Mamma Matilde. Inutile dire che non ci ho pensato più di una volta a compilare la richiesta per far parte della comunità Peppino Brancati.
Senza troppe aspettative attendo di essere contattata per un eventuale colloquio all’interno dell’associazione. Tralasciando i vari tasselli dei colloqui arriva, finalmente, la chiamata e mi viene data la bellissima notizia che sarei stata una delle figure del servizio civile universale. Provavo diverse emozioni, non era facile realizzare quale fosse quella che prevaleva sulle altre. I primi giorni sono stati “difficili” perché non è semplice creare un rapporto con una figura nuova per i ragazzi. Alcuni li conoscevo perché erano lì già quando andavo per l’alternanza scuola lavoro. C’è da dire che ciò che ho affermato in precedenza sulla difficoltà di creare un rapporto con loro è solo apparente, perché la maggior parte tenta di comportarsi come se ti conoscesse da sempre, solo per crearsi subito una sorta di maschera forte.

Pian piano si è creato un legame con tutti, diverso con ognuno di loro perché ciascuno ha il proprio colore d’animo. Ero lì da due mesi quando ho dato il mio primo arrivederci ad uno dei ragazzi, è stato un piccolo colpo al cuore perché, anche se non era molto tempo che ero lì, il vederlo tutti i giorni e condividere la quotidianità ha fatto sì che il momento del distacco avesse comunque un forte impatto. Scendono le prime lacrime, passano le settimane ed ognuno di loro aveva qualcosa da raccontarmi, ogni giorno, anche se alle domande “Come va oggi? Cosa mi raccontate?” provavano a rispondermi sempre in modo negativo, quasi a provocarmi, ma alla fine cedevano e ne usciva sempre un racconto nuovo. A tal proposito posso dire che più passavano i mesi e più la comunità e quei ragazzi diventavano una famiglia per me, ero lì anche quando non avrei dovuto esserci, perché la connessione con quell’ambiente era troppo forte. Ogni settimana avevamo qualcosa da fare, un evento al quale partecipare.

Dopo pochi mesi ho imparato a riconoscere il loro stato d’animo solo guardandoli negli occhi, conoscevo ogni difetto e debolezza, ma anche ogni pregio e forza. Alla base di ciò posso dire che, indubbiamente, ciascuno di loro prende questo cammino della vita in modo differente. Alcuni mostrano solo rabbia e non accettano ciò che dovranno affrontare perché magari pensano: “Non è bello finire in comunità perché vuol dire che non hai una famiglia normale come gli altri” e cominci a convincerti che forse sei diverso e questo resta a vita dentro di te. Altri si rassegnano e alcuni invece non lo realizzano nemmeno.
Fortunatamente, ogni persona reagisce in modo diverso ed è in quel momento esatto della vita, l’adolescenza, che i ragazzi cominciano a dare il via alla loro crescita. Hanno personalità completamente diverse, a volte cercano di emularsi l’uno con l’altro solo perché “l’unione fa la forza” e sembrare uguali e forti allora significherebbe essere intoccabili e soprattutto “da rispettare”, ma questa aria da duri non funziona, si sa. Alcuni affermano di non voler diventare come i propri genitori e altri, al contrario, sono convinti di dover seguire la stessa strada. La verità è che nessuno si salva da solo e non tutti vogliono essere salvati.

Arriva l’estate e tutto diventa magico. Ho avuto il piacere di andare in vacanza a Santa Maria di Castellabate con loro, luogo dove vanno a passare le vacanze estive ogni anno. All’inizio avevo quel brivido di paura (se così possiamo dire) perché di certo avrei vissuto un contesto diverso dal solito. Inutile dire che ho vissuto un’altra sfumatura di questa esperienza e mi commuovo ancora se penso alle risate e ai pianti che ci sono stati. Fare colazione, prepararsi in fretta per andare al mare e tornare in orario per cena, la gara a chi riusciva per primo a farsi la doccia, prepararsi e correre in macchina e dirigerci in centro per uscire tutti insieme. Sembra una vita normale, cose ordinarie, ma per me è stato meraviglioso. Tutto questo per dire che questi ragazzi sono una grande bellezza, un mondo da esplorare. Ma non voglio dimenticare di parlare di una parte molto importante presente nella comunità: l’equipe educativa. Ogni singolo operatore mi ha lasciato un insegnamento, non sono fondamentali solo per i ragazzi della comunità, ma lo sono stati anche per me, per noi ragazzi del servizio civile, perché come detto precedentemente, anche noi siamo diventati parte della famiglia. Senza di loro, ovviamente, niente sarebbe in ordine e non c’è una fine ai ringraziamenti.

Questa avventura ci ha portato ad interagire diversamente col mondo, inoltre, ogni esperienza avuta con loro operatori ha rilevato custodire in se la sensazione di scoperta e di sorpresa di una prima volta.
Ogni volta che provo a spiegare il mio ruolo in comunità è complicato, perché le persone sono superficiali e dicono: “ah stai con i ragazzi problematici, è difficile stare con loro.” ho sempre mostrato un sorriso rispondendo che bisogna trovarsi dentro per capire cosa significa. Non sono diversi dalle altre persone, oltretutto nessuna persona ha una vita uguale ad un’altra e ognuno di noi ha problemi personali, in famiglia e nella vita in generale. Ognuno di noi purtroppo o per fortuna si ritrova nella vita ostacoli da dover superare, in alcuni momenti sembra quasi non avere la forza e la volontà per risolverli. Ma proprio nel momento in cui ci si trova al limite, si riesce a tirar fuori una forza che neanche crediamo di avere. In altri casi invece abbiamo solo bisogno di qualcuno che sia li pronto ad ascoltarci e a farci sfogare, semplicemente col silenzio. Vorrei dare voce a questi ragazzi, dicendo al mondo che loro sono più forti di chiunque altro. Perché la casa si costruisce con i mattoni, col cemento e non compare dal nulla, per magia. Gli uomini crescono e diventano forti grazie a ciò che la vita gli mette di fronte. Ed è assolutamente vera la frase “la tua età non dimostra la tua maturità “e “le voci non definiscono ciò che sei”. Questi ragazzi ne sono la dimostrazione.
Infine, non posso dire altro che questa è un’esperienza di forte crescita soprattutto per coloro che decidono di accompagnare giorno dopo giorno questi piccoli ma grandi uomini. Apriamo una piccola porta nei nostri cuori che la vita è un qualcosa di inspiegabile e breve per restare in superficie.

Giusy Castellano, operatrice volontaria Servizio Civile Universale