Educare con empatia e crescerli con fiducia – Comunità alloggio “Il Sogno”

Era chiuso come un riccio, con il suo cappuccio sempre alzato, non mostrando quasi mai il viso, a capo calato.

Insieme al fratello più grande, accompagnato nella comunità, per cercare di trovare una luce in una strada passata fatta da abbandoni e speranze vane.
Nuove regole, compagni nuovi, ma soprattutto emozioni e sentimenti da scoprire.

Cosa significava riceve un regalo?
Beh si, il primo anno di Natale, gli facemmo esprimere un desiderio… ma l’unica cosa che volevano era tornare a casa.
Riuscimmo a scorgere un piccolo sorrisetto, quando ricevette in regalo un gioco per la Nintendo… probabilmente non aveva mai scartato un regalo.

Era scontroso, chiuso in sé stesso e non giocava con nessuno. Diceva perché era il più piccolo della casa, e gli altri non lo volevano intorno. Ma non era così…
Per noi era la piccola mascotte! Ormai l’obbiettivo di tutti era cercare di farlo partecipare alle attività insieme agli altri e cercare di ascoltare quella vocina così simpatica che faceva rallegrare la giornata. Pian piano, usciva dalla sua camera, dal suo mondo fatto da videogiochi, per osservare i pari da lontano e rendersi conto che eravamo pronti e carichi per metterlo sulle spalle e fargli scoprire il mondo, mostrargli la meraviglia dello stare insieme.

Scopriamo che il pallone, era un gioco che lo attirava tanto… e perché no?! Gioca con noi!
Vederlo correre dietro quella palla, e iniziare a fare squadra, con gli altri bhe… avevamo vinto una grande partita anche noi senza saperlo.
Da quel momento il calcio è stato il suo mondo, il suo nuovo gioco, il suo sfogo.
Anche andare a scuola e riscuotere i primi successi nonostante, le mille lacune dovute ad abbandoni scolastici, lo hanno formato e reso più sicuro di sé.

Mano a mano, quel cappuccio veniva abbassato, come se non sentisse più il bisogno di rifugiarsi, ma di saltare nel vuoto e non aver paura del futuro perché sapeva che noi, gli avremmo fornito sempre tutti gli strumenti per fare bene.

Ma il tempo passa e le scadenze arrivano.

Noi, che siamo stati il suo punto fermo, per ogni mal di testa, per ogni marachella fatta, per ogni sua domanda sul futuro, la sua famiglia, lo deve lasciare andare per far sì che possa seguire il suo percorso, anche lontano da noi. Questo è il nostro compito, rendere autonomi ogni uno di loro, e metterli sulla strada giusta. Così a malincuore, dopo mille lacrime, e mille spiegazioni, il nostro piccolino è andato via… dopo più di due anni. Ormai tanto piccolo non è più… ma resterà sempre tale per noi…lasciando sulla porta della comunità, quelle tacchette fatte a matita per misurare ogni tanto la sua altezza e fargli vedere che anche lui, stava diventando grande, stava diventando un piccolo uomo

Anna Pasquariello, educatrice comunità alloggio “Il Sogno”